di Margaret Atwood
Ponte alle Grazie
Pagine 153
Euro 3,99 (ebook); 17,50 (cartaceo)
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Fedele e saggia, Penelope ha atteso per vent'anni il ritorno del marito che, dopo aver vinto la guerra di Troia, ha vagato per il Mar Mediterraneo sconfiggendo mostri e amoreggiando con ninfe, principesse e dee, facendo sfoggio di grande astuzia, coraggio e notevole fascino, e guadagnandosi così una fama imperitura. E intanto che cosa faceva Penelope, chiusa in silenzio nella sua reggia? Sappiamo che piangeva e pregava per il ritorno del marito, che cercava di tenere a bada l'impulsività del figlio adolescente, che si barcamenava per respingere le proposte dei Proci e conservare così il regno. Ma cosa le passava veramente per la testa?
Dopo essere morta e finita nell'Ade, Penelope non teme più la vendetta degli dèi e desidera raccontare la verità, anche per mettere a tacere certe voci spiacevoli che ha sentito sul suo conto. La sua versione della storia è ricca di colpi di scena, dipana dubbi antichi e suggerisce nuovi interrogativi, mettendo in luce la sua natura tormentata, in contrasto con la sua abituale immagine di equilibrio e pacatezza.
L'autrice di culto Margaret Atwood, con la sua scrittura poetica, ironica e anticonvenzionale, dà voce a un personaggio femminile di grande fascino, protagonista di uno dei racconti più amati della storia occidentale.
Grazie all’iniziativa #4donneperl’estate pensata da Michela su IG ho avuto modo di recuperare questo romanzo di Margaret Atwood, autrice famosa per Il racconto dell’ancella. In questa Penelopiade, la Atwood dà voce al personaggio femminile di Penelope, la moglie del più famoso Ulisse, re di Itaca, ideatore del cavallo di Troia e protagonista indiscusso dell’Odissea. Penelope, esempio di virtù e pazienza, che ha atteso per vent’anni il ritorno del marito, moglie casta, regina fedele e madre amorevole. Ma sarà andata davvero così come raccontano i canti di Omero? Chi era davvero Penelope?
L'acqua non oppone resistenza. L'acqua scorre. Quando immergi una mano nell'acqua senti solo una carezza. L'acqua non è un muro, non può fermarti. Va dove vuole andare e niente le si può opporre. L'acqua è paziente. L'acqua che gocciola consuma una pietra. Ricordatelo. Ricordati che per una metà tu sei acqua. Se non puoi superare un ostacolo, giragli intorno. Come fa l'acqua.
Davvero particolare la struttura del libro che ricorda una testimonianza alla sbarra e una rappresentazione teatrale con tanto di memoriale, in cui l’autrice mostra le contraddizioni di una società patriarcale, una società che soffoca fino alla morte il matriarcato con la stessa calcolata vendetta con cui Ulisse impicca le dodici ancelle, colpevoli di aver fraternizzato con i Proci. Un'intrigante allegoria, poiché le ancelle andavano punite qualunque fosse stato il punto di vista da cui le si osservava e giudicava, esattamente come il patriarcato fa con il potere delle donne.
Devo ammettere che all'inizio tifavo per Penelope perché finalmente poteva dire la sua, ma man mano che procedevo nella lettura ho storto il naso più di una volta: mi è sembrata troppo vittima della storia, subisce il matrimonio, subisce la vita da regina, subisce il ruolo di madre e quello di moglie abbandonata. Ricadendo suo malgrado nel ruolo in cui la società l’ha costretta, Penelope non può fare altro che subire le scelte imposte dagli altri; però dopo la partenza di Ulisse, rimasta sola, nel momento in cui può e deve prendere le redini in mano, invece Penelope accetta tutto ciò che le succede, tacendo davanti a tutti ma lamentandosi nel privato.
Sul suo rapporto con Telemaco sono rimasta scioccata: possibile che un figlio cresciuto solo con la madre, sia irrispettoso e superbo proprio come tutti gli altri uomini? L'amore filiale, questo sconosciuto, se non rivolto al padre, ovviamente. Mentre il rapporto tra Penelope e la cugina Elena, la bellezza per cui sono morti migliaia di uomini, credo sia esaustivo di tanti rapporti tra donne dove dominano invidia e cattiveria, così come i rapporti tra Penelope e la suocera o la balia di Ulisse.
Ho avuto l'impressione che qualità quali astuzia, intelligenza, tipiche della rappresentazione di Ulisse, siano sfumate in negativo quando si parla del re di Itaca e degli uomini in generale, mentre siano declinate in positivo quando Penelope istruisce le dodici ancelle per fare da spia per lei, o quando parla dell'inganno della tela.
Della produzione dalle Atwood, questo è quello che più mi interessa recuperare *^*
RispondiEliminaSpero proprio riuscirai a leggerlo, allora!
Eliminaa me era piaciuto molto e hai ragione fa riflettere molto
RispondiEliminaSu questo siamo d'accordissimo :3
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