Oggi post chiacchiereccio,
o meglio dire post polemico. Ho lasciato passare diversi giorni da quando ho
buttato giù la bozza delle mie prime impressioni prima di pubblicarlo, per
evitare di rimangiarmi parole e pensieri nati dall’arrabbiatura del momento, ma
rileggendo mi sono ritrovata d’accordo con tutto ciò che avevo scritto: la mia non sarà una recensione tradizionale, quanto un'analisi delle impressioni, positive ma anche e soprattutto negative, che la lettura del saggio ha prodotto in me in quanto lettrice. Ma
partiamo dall’inizio: su Instagram vi avevo annunciato che avrei letto un
saggio sulla letteratura romance. Di
seguito la scheda tecnica.
Breve storia della letteratura rosa
di Patrizia Violi
Graphe.it Edizioni
Pagine 81
Euro 2,99 (ebook);
8,00 (cartaceo)
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La letteratura rosa, così bistrattata e considerata di serie B, è
un’incredibile fucina di best seller. Con i romanzi d’amore sempre in vetta
alle classifiche è nata una vera e propria industria del rosa, imperi
editoriali internazionali hanno capitalizzato sulle storie d’amore. La Breve
storia della letteratura rosa ripercorre cambiamenti e trasformazioni di questo
genere letterario, dagli albori nel diciottesimo secolo fino ai giorni odierni,
tra serie televisive, app e tecnologie. Con l’obiettivo di comprendere e
approfondire i dettagli dello storytelling sentimentale: dai romanzi di
appendice di Carolina Invernizio per arrivare all’erotismo delle Cinquanta
sfumature e alla fan fiction di Anna Todd.
Questo saggio mi incuriosiva tantissimo, perché non si parla mai abbastanza
di romance, per me. L’autrice delinea una breve (forse troppo e con troppa
superficialità in alcuni tratti) storia della letteratura rosa, chiamata così
solo in Italia per richiamare l’ideale romantico legato al colore e al fiore, nonché
perché il rosa è il colore da sempre identificativo delle bambine, della
femminilità.
La prima parte è quella che ho trovato più interessante, un’analisi dagli
esordi favolistici del genere, Cenerentola
la più quotata, alla pubblicazione del primo
romanzo rosa - Pamela di Samuel L.
Richardson -, fino a un focus sul romanzo rosa in Italia, dagli anni venti del
‘900 fino ai giorni nostri. Ci sono molti spunti e curiosità di cui non ero a
conoscenza, aspetto che ha sollevato le mie aspettative durante la lettura.
La seconda parte, invece, l’ho trovata assai carente e ha demolito le mie
speranze. L’unico pregio di questi capitoli è quello di indicare i grandi
fenomeni editoriali che hanno segnato i punti di svolta nel genere: dall’arrivo
di Twilight, che ha conquistato i
cuori di milioni di lettrici di ogni età, passando per la fanfiction che ha
dato i natali all’esplosione dell’erotica di 50 Sfumature per le mamme, e After
per le figlie.
In generale, trovo che il saggio sia consono a ciò che promette: un
brevissimo excursus nel romance, con tanti di spunti di riflessione qui e là.
Tanti, troppi spunti lasciati a
metà. Il libricino è la punta minuscola di un iceberg, lascia intravedere il
potenziale, tuttavia non si decide a spiegarlo.
Queste ottanta pagine mi hanno
messo in crisi, credetemi.
L’ho cominciato con un sorriso il pomeriggio, e a sera l’ho terminato con un
broncio. Più ci riflettevo, più l’insoddisfazione che provavo si è trasformata
in rabbia. Perché? Perché io, che sono lettrice e autrice di romance, ho avuto
l’impressione che il giudizio finale sul genere sia sempre quello, il solito: certo, il rosa vende, si sa, è un genere capace
di adeguarsi alle correnti editoriali e rinnovarsi sempre in un modo o nell’altro;
ma alla fin fine rimane sempre roba semplice, che rivende lo stesso schema
basilare ancora e ancora a un solo pubblico femminile. Il rosa serve per
sognare il Grande Amore/l’Amore Grande, per intrattenere, per distrarre la
lettrice, e se prima gli harmony erano libretti per casalinghe annoiate, adesso
si parla di mommy porn (termine che
detesto). Dice il detto se non è zuppa, è
pan bagnato: si ricade sempre nello sminuire
il genere relegandolo a lettura di svago per mamme, casalinghe, single, ragazzine
che non fanno altro che sognare il principe azzurro per zittire la pesante
realtà per qualche ora.
Sarà anche vero per la maggior parte, ma non è l’assoluta verità. Ritorniamo
sempre lì, perché? Se questa è la conclusione a cui sono giunta io, immagino
che un non-lettore di rosa si senta giustificato a non continuare a leggere
rosa.
Perché una donna legge rosa? Credo che tutti i romanzi abbiano il potenziale per far
sognare/intrattenere/riflettere il lettore, non solo il romance, ma anche i
thriller, i fantasy e ogni genere letterario esistente… eppure la spiegazione
fornita per il rosa, tra le pagine del saggio o in generale quando salta fuori
la discussione, è semplicistica,
almeno per quanto riguarda il giorno d’oggi (posso capire come un romanzo di
Liala nel dopo guerra potesse essere uno svago didattico per le italiane
dell’epoca). Come se le donne leggessero solo rosa, o non esistano lettori
uomini di romance.
Perché un lettore di thriller non viene accusato di essere, che ne so, un killer porn? Cioè, se una donna legge un
libro dove c’è del sesso esplicito, magari un romantic suspense con omicidi e
investigazioni, rimane comunque una mommy
porn. Il sesso vende la qualunque,
ficchiamocelo in testa, quindi è naturale che venga inserito in maniera più o
meno esplicita nei romance. I risultati variano e non si è mai avuto la pretesa
di affermare che tutti i romance siano perfetti e che non vengano pubblicate
schifezze illeggibili (ma è un discorso
che vale per tutta l’editoria!), però ciò non sminuisce il valore della
storia, né dell’autore.
A proposito delle autrici: nel
saggio vengono citati alcuni nomi caposaldi del genere, ma in maniera del tutto
semplicistica. Per l’historical romance
viene presa ad esempio Barbara Cartland (non l’ho mai letta) che vestiva di
rosa confetto e che ha costruito una fortuna scrivendo love story storiche
avvalendosi sempre delle stesse dinamiche. Quindi, le lettrici che la compravano ancora e ancora era proprio delle
stupide a non accorgersi dell’escamotage!!! *sarcasm mode: on* Capisco che il breve saggio fosse troppo breve per ampliare il discorso,
eppure sono convinta che a un non-lettore di romance che incappi in questo
libretto rimanga l’idea che l’historical è identico a se stesso e che le cover capelli al vento e camicia aperta sul petto
lui e vesti discinte lei identifichino al centimetro l’uguaglianza e la
ripetitività per ogni produzione. Quindi che senso ha interessarsene? Mancava
il rispetto per le varie diversità tra regency o victorian o per il mazzo che
ci vuole per creare un’ambientazione storica perfetta, senza citare la
Woodiwiss e tutte le altre che dopo di lei hanno rimodernato il genere come
Lisa Kleypas, tanto per dire uno dei mille nomi famosi, e tacendo del tutto sul
made in Italy.
Lo stesso accade per il mondo del self-publishing italiano (aspettarsi
un’indagine sul mondo indie americano
era veramente troppo, me ne rendo conto), dove viene citata come unica
fortunata ad essere passata a un editore tradizionale Anna Premoli, - perché
ricordiamocelo, il rosa self è il peggio del peggio che possa venire pubblicato
*sarscam mode: on* - o la fortunatissima Felicia Kingsley, ma solo per l’uso di
un nom de plume, non per il suo successo meritato.
Per non parlare dell’assoluta ignoranza di ogni sfumatura di genere. Vengono
citati gli historical, i chick-lit e per gli erotici, con le
famose Sfumature che ogni lettrice di
erotico puro che si rispetti sa essere solo il titolo più facile da indicare
senza scoperchiare il vaso di Pandora. Viene ignorato ogni altro sottogenere,
ridotto a una scelta editoriale a basso costo nell’accenno alle collane tradizionali
degli Harmony: Jolly, Bianca, Oro, Destiny, Temptation. Ah, già, gli Harmony non sono
letteratura, no; eppure dovreste sapere quante autrici talentuose sono state
tradotte e portate in Italia con queste collane, come Nora Roberts, Nalini Singh, Lisa Marie Rice, J.R. Ward e tante altre...
Appena sfiorato in una frase l’esistenza di autori di romance uomini (o di lettori uomini, che ci sono), e
nemmeno viene preso in considerazione il mondo male to male e la letteratura +lgbt (a parte un accenno
a Mura che scrisse nel 1919 una storia d’amore tra donne) che in Italia ha
diverse case editrici specializzate e che impazza tra le lettrici. Ecco, perché
una donna legge una storia d’amore tra omosessuali? Solo per sognare il grande
amore o per sdilinquirsi con l’immagine di due uomini che fanno l’amore?
Perché, ricordiamocelo, le donne leggono solo rosa.
E il rosa serve solo per sognare.
Non voglio puntare il dito e ribadisco che probabilmente sono io che ho
scambiato per zebre il suono degli zoccoli dei cavalli, tuttavia il breve
saggio della Violi (che in fin dei conti non è spazzatura) aveva un enorme
potenziale d’indagine, poteva essere una vera e propria galleria d’esposizione ben
definita per quello che a conti fatti è il genere che trascina, volenti o
nolenti, l’editoria, dal cartaceo al digitale.
Forse sono io che me la prendo troppo o che ho ricamato abbastanza da dare
un significato negativo a ogni frase del
saggio. In caso contrario, leggetelo e fatevi un’opinione al riguardo.
Forse sono io che pretendo l’impossibile da un libricino di ottanta pagine.
Però non posso farci nulla se da lettrice romance a fine lettura mi sono sentita
presa per i fondelli e relegata a lettrice di serie B, ancora una volta.
Leggo rosa perché mi
piace. Non sono frustrata, sono la persona più realistica che conosca, a tratti
cinica, ma anche romantica e oscura. Sono una persona a cui piace spaziare con
gli interessi e leggere ogni cosa, ogni argomento, ma prediligo i romance perché mi piacciono. Leggo i dark perché mi piace
spingermi oltre i valori considerati normali, leggo gli historical perché sono
nata nel 1989 e non nel 1889, leggo i paranormal perché so che i vampiri e i
licantropi non esistono ma se lo fossero sai che figata!, leggo gli erotici perché infuocano la mia
immaginazione, leggo i romantic suspense perché adoro i thriller dove il lato
romantico non viene giocato solo sulla spia dongiovanni con licenza di
uccidere, leggo i fantasy perché non ho le ali e le orecchie dei fae o dei
poteri magici e di certo non salverò mai il mondo ma voglio immedesimarsi in chi lo è/fa, leggo i contemporanei perché
sono una persona empatica e in ogni libro d'amore letto raccolgo esperienze di crescita e sentimenti
diversi da quelli che ho provato io.
Leggo rosa perché mi
piace.
Mi. Piace.
Lo scrivo per le
stesse motivazioni.
E non ci sto a
farmi ridurre al solito, vecchio stereotipo ancora una volta.
Ciao, Rosa! Mi dispiace che questo saggio non ti abbia soddisfatta: come sai, l'ho percepito diversamente. Però, sì, sulla storia contemporanea il discorso è molto limitato, anche se capisco la difficoltà di parlare di un fenomeno in atto e pertanto difficile da interpretare.
RispondiEliminaPer il resto, a me è sembrato un inizio interessante che dovrebbe spingere tutti quanto meno a riflettere (se non persino ad approfondire) e anche per questo trovo importanti il post come il tuo, che pur nella brevità riescono ad abbracciare le diverse sfumature del rosa perché non è solo il sogno irrealizzabile che vogliamo leggere.
Grazie, Am <3 Nonostante i difetti che ho trovato, concordo con te, questo saggio potrebbe essere il punto di partenza per un'analisi moooolto più approfondita.
EliminaBellissima recensione e... che palle. Non valgono lauree, percorsi di vita, master, dottorati, professioni, maternità, storie più o meno difficili, professionalità. Non vale niente. Siamo delle cretine che leggono rosa, punto e basta.
RispondiEliminaChe nervoso, e che peccato.
Ma anche: chi se ne frega. Io continuo a leggerlo e scriverlo. E sono una mamma, una moglie, una docente. Ho due lauree, una specializzazione. Sono un sacco di cose. E leggo rosa. <3
Grazie, Monica <3 Dici bene, chissenefrega!!!
Eliminami spiace che ti abbia delusa :(
RispondiEliminae hai ragionissima! Il voler sempre trovare un motivo, una giustificazione per quello che si ama è una grandissima rottura di palle. Lo si fa perché PIACE, punto.
Delusa e incazzata XD è scocciante stare a cercare sempre un perché, una giustificazione Y_Y
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